E’ stata definita “fallace” dalla Corte di Cassazione la sentenza del giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Velletri, Zsuzsa Mendola, con cui, il 18 febbraio scorso, è stato disposto il non luogo a procedere per l’ex sindaco del Comune di Nettuno, Alessio Chiavetta, il dirigente comunale Gianluca Faraone, e gli ex revisori dei conti Michele Scognamiglio, Barbara Scoppetta ed Ermanno Cicchetti, accusati di falsi relativi ai documenti che hanno portato il consiglio comunale ad approvare il bilancio 2009 dell’ente locale. Gli ermellini hanno depositato le motivazioni del provvedimento con cui, annullati i proscioglimenti, hanno disposto che il procedimento torni al gup per decidere nuovamente sulle richieste di giudizio.
Per il pm Giuseppe Travaglini, il bilancio di sei anni fa è stato approvato ricorrendo a una serie di falsi, solo per non dichiarare il dissesto finanziario. E, davanti ai proscioglimenti perché il fatto non sussiste, il pubblico ministero ha fatto ricorso. Il giudice Mendola aveva sostenuto che, pur essendo state violate le regole di redazione del bilancio, “poiché i consiglieri comunali erano al corrente dell’artificio, essi non furono tratti in inganno”, e dunque il falso non sussisterebbe. La Cassazione ha ora precisato che il ricorso del pm Travaglini, “benché inutilmente appesantito da trascrizioni di interi brani della relazione della Corte dei Conti”, è “nel suo nucleo essenziale pertinente e fondato”. “Il fatto che i consiglieri sapessero che le attestazioni in questione non erano rispondenti al vero – sottolinea la Suprema Corte – se può valere ad escludere l’inganno ai loro danni, non per questo rende non false le attestazioni sulla base delle quali il rendiconto fu stilato”. E ancora: “Nel caso in esame, secondo l’ipotesi dell’accusa, la falsa attestazione avrebbe avuto anche una finalità riconoscibile: mascherare lo stato di dissesto del Comune”. Ora starà ad un nuovo giudice decidere se si andrà a processo.