E’ una storia di ordinaria follia quella che ci racconta oggi una donna che, con un appuntamento alle 9,20 al padiglione Faina dell’Ospedale di Anzio per un esame medico, è riuscita a fare la visita prenotata alle 11,50 e per grazia ricevuta.
Non una situazione anomala ma, tragicamente, la situazione che si verifica ogni giorno, ad Anzio e non solo, a chi si rivolge al sistema sanitario regionale.
“Ho prenotato la visita on line – ci racconta la cittadina – un tampone vaginale, visita alle 9,20, con esenzione completa del ticket. Mi presento alle 9 per essere sicura di essere in tempo, entro e chiedo ad infermiera che mi dice: vai alla stanza 5. Mi presento, aspetto 15 minuti perché c’è una visita all’interno. Le dottoresse a cui chiedo mi dicono che devo andare a prendere il ticket anche con l’esenzione, perché servono i codici per l’esame. Esco fuori e con la ricetta chiedo il numero all’adetto. Mi metto in fila, dieci minuti e arrivo allo sportello. Non è qui che deve venire mi dicono le addette, deve andare all’altro sportello. Prendo il mio biglietto e vado al secondo sportellò. Altri 5 minuti e chiedo all’addetta. Non è qui mi dice, ma proprio all’ingresso ci sono altri sportelli. Vado all’ingresso, riprendo il numero. L’adetto mi dice, deve fare il tampone? Doveva dirlo prima le davo subito il numero giusto… A saperlo. Entro e sono le 9,40 il mio appuntamento delle 9,20 è saltato senza un perchè. Mi consegnano il numero 87 e sono al 72… quanto ci vorrà per pochi numeri? Dopo un’ora e dieci minuti riesco ad avere i codici sulla ricetta. Le stampanti funzionano male, la gente si lamenta, tutti gli appuntamenti della mattinata sono in ritardo di circa un’ora perchè non si riesce a pagare e stampare i codici necessari. Un uomo davanti a me ha pagato, sollecita la signorina per i codici, le risponde… la macchina non funziona avoja a te. Ma ho un appuntamento replica l’uomo esasperato. Lei tranquilla replica: non è colpa mia deve aspettare fino a che la macchina non stampa. Chiacchiero con le persone in attesa. Giornata sfortunata? No è sempre così, le macchine funzionano male da sempre, una visita in orario è impossibile. Una volta presi i codici chiedo ad un’infermiera dove si fa il tampone. Stanza 21. Sono le 10,40. C’è una luce rossa che e una verde che lampeggiano, c’è scritto sulla porta: non bussare visita in corso. Dopo venti minuti di attesa vado a chiedere ad altro personale: ma siamo sicuri che c’è qualcuno in quella stanza? Certo, mi rispondono. Altri 20 minuti e busso, per avere la certezza di non essere in attesa dietro una porta vuota. E non risponde nessuno. La stanza, nonostante i lampeggianti, è vuota davvero. Torno alla stanza 5, le persone all’interno mi dicono che verificheranno, che comunque bisogna attendere davanti la stanza 21. La situazione si fa tesa. Ovviamente chi è al lavoro non è responsabile del disservizio ma l’utente con chi può fare presente l’assoluta disorganizzazione? L’infermiera della Stanza 5 cerca di difendere il sistema indifendibile in cui lavora e che per primo non tutela proprio lei. “Non è colpa di nessuno dice… visti i ritardi negli appuntamenti l’addetta avrà lasciato la stanza per fare altre visite…”. Sarà anche vero, ma i ritardi sono legati alla disorganizzazione cronica del sistema di pagamento e visite, che rende impossibile essere puntuali. Dopo altri 20 minuti di vana ricerca dell’addetta ai tamponi l’infermiera si immola e lo fa lei. Alle 11,50 grazie alla gentilissima infermiera, riesco ad andare via con il tampone fatto (un minuto e mezzo per farlo) con un appuntamento fissato alle 9,20. Il delirio della mia mattinata è stato condiviso con altre centinaia di persone, nessuna delle quali è stata visitata all’orario indicato sull’appuntamento fissato dalla Asl. Perché i computer non funzionano, la stampante non funziona, il sistema di informazione non funziona. Una sanità organizzata per far si che una persona sana di mente, la prossima volta vada da un’altra parte, da un privato, dove un appuntamento alle 9,20 può subire al massimo 10 minuti di ritardo”.