Il 9 ottobre scorso è ricorsa la 66esima giornata nazionale in ricordo delle vittime di incidenti sul lavoro e stamattina, presso presso la cooperativa Fanciulla d’Anzio al porto neroniano, si è tenuto un incontro che ha avuto al centro proprio la sicurezza sul lavoro di coloro che gravitano attorno al mondo della pesca e della navigazione.
Sono intervenuti i tecnici del Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro della A.S.L. Roma 6 e l’Ufficio Circondariale Marittimo di Anzio per riportare l’attenzione su questi temi in un faccia a faccia con pescatori e armatori del porto.
“Da parte nostra, dell’Asl e delle istituzioni in genere riteniamo sia molto più importante e proficua la prevenzione sul territorio che la repressione. Il punto è portare tutti gli operatori a riflettere su queste tematiche per comprenderle appieno e applicarle nel migliore dei modi” dice l’ispettore Canini dell’Asl. “Negli ultimi anni purtroppo abbiamo avuto circa 900 morti sul lavoro. La sicurezza è importantissima e le imprese che in generale investono su questa materia sono quelle più virtuose e che hanno davvero voglia di crescere e che credono nel futuro”.
I tecnici invervenuti, oltre a porre l’attenzione sul dramma personale di chi vive un infortunio più o meno grave, riflettono anche sul costo sociale ed economico che le mancate misure di sicurezza fanno poi gravare sulla collettività.
“Il legislatore negli anni ha prodotto una serie di norme, aggiornandole via via fino ad oggi. Ma tutto questo impianto di leggi è poco efficace se coloro che dovranno poi applicare tali norme non saranno davvero consapevoli e convinti che tali adempimenti saranno in primo luogo a loro vantaggio” ha spiegato Julio Di Meo, tecnico della sicurezza e della prevenzione degli infortuni sul lavoro. Successivamente, in un momento in cui si smettevano i panni della lezione accademica, preso da una sincera preoccupazione, ha rivolto un accorato appello ai pescatori: “La salute è la vostra, la vita è la vostra. Noi ne vediamo tutti i giorni di incidenti sul lavoro, e dobbiamo di volta in volta ricostruirne le dinamiche per cercare di capire cosa e successo e stabilire le varie responsabilità. Molte volte ci accorgiamo che sarebbe bastato davvero poco per evitare delle disgrazie.”
Anche il personale della Guarda Costiera ha detto la propria, riflettendo sul fatto che, oltre al corredo di sicurezza fatto di abbigliamento specifico e apparecchiature varie, di base c’è la testa e la volontà di chi poi deve utilizzarli: “Mi viene in mente uno degli ultimi salvataggi in mare che abbiamo portato a termine, fortunatamente con esito positivo” ci racconta un agente. “Un uomo era disperso in mare, e le onde erano alte anche sei metri. Se costui non avesse avuto con sé il giubbotto di sicurezza sulla sua imbarcazione e non avesse avuto a portata di mano in cabina i razzi di segnalazione, probabilmente non saremmo riusciti a trovarlo nel mezzo della buriana. Avere tutto l’armamentario di legge è un buon punto di inizio ma non basta, occorre anche tenerlo come previsto in modo che torni effettivamente utile nel momento del bisogno”.
Dal lato loro però i pescatori e gli armatori hanno lamentato le loro difficoltà a mettere in pratica tutte le direttive di sicurezza che vengono loro richieste, soprattutto quando a lavorare con loro è forza-lavoro in maggioranza straniera e che non parla correntemente l’italiano. Il problema dunque, in prima istanza, sarebbe proprio linguistico, e ciò si configurerebbe proprio come una barriera nel comunicare e trasmettere a questi lavoratori anche i minimi rudimenti riguardo la sicurezza. “Non abbiamo soldi, dobbiamo provvedere noi alla formazione dei lavoratori” ribatte un armatore. “È un lavoro duro, che i nostri ragazzi vogliono fare sempre meno e quindi siamo costretti a rivolgerci a manodopera straniera e in molti casi la comunicazione con loro risulta difficile. Vorremmo essere coadiuvati dalle istituzioni e riequilibrare gli obblighi in materia di sicurezza che noi non riusciamo sempre a sobbarcarci”.
Infine il tenente di vascello Alessandro Cingolani riporta il dibattito, che nel frattempo aveva assunto toni più accesi, sui binari iniziali: “Voi operatori del mare dovete prendere questo momento come un’occasione di confronto e di riflessione su tematiche importanti. Non dovete prenderlo come un rimprovero nei vostri confronti. I pescatori sono persone che lavorano per dare da mangiare a sé e alle proprie famiglie e non sono stupidi, pensando solo al guadagno e al profitto. Rimanere vittima di un infortunio grave o perdere la vita annullerebbe tutti gli sforzi di una vita e molte volte di generazioni precedenti. Molte volte basta poco per prevenire tanti episodi spiacevoli, pensateci”.
Dopo tante discussioni le parti però sono giunte a una comune conclusione, ovvero che per incrementare la sicurezza su questi particolari luoghi di lavoro, come i pescherecci, non esistono delle vere e proprie scuole organicamente preparate allo scopo, quando invece sarebbero grandemente utili.
(di Daniele Mancin)