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L’auto della scorta di Falcone in mostra a Pomezia, centinaia di studenti in fila

Pomezia, piazza Indipendenza. Da una parte le istituzioni, il sindaco Veronica Felici, il senatore Marco Silvestroni, il sottosogretario all’Interno Wanda Ferro, il Procuratore Capo di Velletri Giancarlo Amato, garanti della legalità e rappresentanti della Legge, così come sancito dalla Costituzione, dall’altra parte gli studenti, giovanissimi. La maggior parte di loro, quel lontano 23 maggio 1993, neanche era nato. Eppure, tutti loro si sono ritrovati e incontrati attorno ad un cimelio di una delle pagine più buie della storia italiana: la “Quarto Savona 15″, l’auto della scorta del Giudice Giovanni Falcone, vittima della strage di Capaci, quando circa 500kg di tritolo fecero saltare in aria un pezzo di autostrada e tutte le persone che erano schierate a difesa del magistrato e della legalità.
A permettere l’incontro tra due pezzi della stessa Italia, che spesso sembrano così lontani, è stata Tina Montinaro, moglie dell’agente di scorta Antonio Montinaro, deceduto nell’attentato mafioso. Per molti Montinaro è un eroe, ma a Tina non piace quella definizione come ha detto ai ragazzi presenti in piazza. Per lei Antonio “era un uomo che a 24 anni ha scelto la legalità e grazie alla sua scelta oggi lei e i suoi figli possono camminare per Palermo a testa alta perché sono le mogli dei boss che devono andare via”, non lei.
Oggi a Pomezia è stata mostrata a tutti  la teca che contiene i resti dell’auto in cui hanno perso la vita tre persone – che vale la pena citare Antonio Montinaro, Vito Schifani, Rocco Dicillo – quella che una volta era una Fiat Croma blindata. Un’auto che “non rappresenta la morte e il sacrificio di chi ha combattuto la mafia, ma questa auto, che ora percorre chilometri in un altro modo, rappresenta la forza dei giovani di ogni giorno scelgono la legalità e camminano a testa alta”. L’immagine più bella di questa giornata sono proprio i giovani, gli studenti, che hanno voluto essere in piazza con gli striscioni per dire insieme alle istituzioni, anche se con parole diverse, che “la mafia è una montagna di merda” citando un altro uomo che non ha piegato il capo alla mafia e all’omertà. Nessuno a distanza di un quarto di secolo, può dimenticare.